Giudizio critico sul libro
"Geova e il Nuovo Testamento"
Una realtà ostica cui deve far fronte ogni traduttore biblico riguarda come gestire la regolare presenza del Nome Divino nel testo ebraico. Quei pochi che leggono l’introduzione o la prefazione di una traduzione biblica immancabilmente si accorgeranno dell’osservazione su come questo problema viene ovviato. Nella popolare New International Version scopriamo: "In relazione al nome divino YHWH, comunemente chiamato 'Tetragramma', i traduttori hanno adottato l’escamotage usato dalla maggioranza delle versioni inglesi, cioè l’hanno reso col nome "LORD" in lettere maiuscole per distinguerlo da Adonai, altro termine ebraico reso pure "Lord" usando però lettere minuscole". La American Translation prodotta da studiosi rinomati negli anni venti avvisa il lettore: "In questa traduzione abbiamo seguito la tradizione ortodossa giudaica e sostituito il nome ‘Yahweh' con il titolo ‘the Lord’ e l’espressione ‘the Lord Yahweh’ con ‘the Lord God’". Vista da un’ampia prospettiva, la verità è che nel mondo alcune traduzioni rendono il Tetragramma "Yahweh" o "Jehovah" regolarmente o in pochi casi, mentre altre sostituiscono completamente il nome personale di Dio con titoli generici come "Lord" o "God". Ciò è evidentemente incoerente. Ma quale posizione occupa il Tetragramma, il nome personale di Dio, nel Nuovo Testamento? Un piccolo ma crescente numero di studiosi e critici ritiene sempre più che il nome personale di Dio ha effettivamente un posto nel Nuovo Testamento. Matteo Pierro è uno di questi, il quale tenta di fare del suo bagaglio di informazioni un attraente cofanetto, intitolato Geova e il Nuovo Testamento.
L’autore è ben al corrente dell’evidente scarso contributo dei manoscritti alla sua conclusione ma egli mostra di avere una solida conoscenza di entrambe le parti in questione e analizza criticamente i dati disponibili.
Pierro inoltre documenta pratiche giudaiche e cristiane che hanno inciso sulla comparsa e scomparsa del Nome Divino nelle traduzioni bibliche e relative copie nelle lingue originali. Egli esamina la disputa sulla pronuncia ebraica del Nome Divino. Una riguardevole attenzione è prestata agli studiosi che scartano la pronuncia "Yahweh" discutendo in modo convincente a favore della tesi trisillabica del Nome Divino. La sua indagine sulle evidenze della presenza del Tetragramma nel Nuovo Testamento include la testimonianza del Talmud e quella di interessanti testi del Nuovo Testamento che sembrano gli unici a dare un senso al "Kyrios" ("Lord") del testo greco se si trovasse davvero "Jehovah/Yahweh" nel testo originale greco.
Il lettore sarà invitato a considerare una lunga lista di traduzioni del Nuovo Testamento di ogni parte del mondo che includono il Nome Divino nei loro testi. Allo scopo viene fornita e referenziata una vasta gamma di erudizione. Pertanto, se siete fluenti in italiano vi consiglio di aggiungere quest’opera nella lista dei libri da leggere.
Hal Flemings
Docente di lingua ebraica
San Diego Community College
San Diego, California